Da Corriere.it di oggi: "... Noi, i ragazzi dello Zoo di Berlino, fece aprire finalmente gli occhi a tutti coloro che non si immaginavano la quantità di degradazione esposta nelle viscere di una metropoli. Christiane, un padre violento che la maltrattava, abitava nei casermoni modernisti della Gropiusstadt, il quartiere satellite progettato dal fondatore del Bauhaus e diventato un villaggio di rabbia ed emarginazione. Hashish a dodici anni, eroina a tredici, poi il corpo in vendita per procurarsi le dosi quotidiane. «A tredici anni era un modo per riconoscermi, per appartenere ad un gruppo. Poi è diventata una vera e propria malattia. Se ne prende sempre di più, per affrontare le sofferenze fisiche prodotte dalla dipendenza», sono le sue parole di oggi. Con lei molti altri, uniti dalla stessa sorte. Babsi, ma anche Detlef, Stella, Kessi, Atze. La sua vicenda sarebbe rimasta nell’ombra, relegata per sempre nel microcosmo della stazione, se due reporter di «Stern», Kai Hermann e Horst Rieck, non le avessero fatto raccontare ciò che gli altri erano determinati a fingere di non vedere. Il libro uscì insieme al settimanale, poi diventò un caso planetario.
Della «seconda vita» di quella che i tabloid hanno definito «la drogata più famosa del mondo» si è saputo solo a tratti. Ma è grazie alla giovane Sonja Vukovic, studentessa di giornalismo, che ora sappiamo tutto. Con quel tocco di umana dolcezza, più forte delle violenze, che già era emerso chiaramente nel racconto della sua giovinezza buttata. «La ragazza mi ha suonato al campanello, mi ha assediato per molto tempo, fino a quando non mi ha convinto a ritornare indietro nel mio passato», ha detto in un’intervista. Un angelo comparso in un appartamento di Kreuzberg, dove le due donne, finalmente, hanno parlato a lungo. È arrivata anche l’ora delle confessioni più segrete. A Sonja, Christiane ha rievocato i momenti della sua lotta contro la droga: la disintossicazione e le numerose ricadute, i problemi con la giustizia, le amicizie pericolose, mentre malattie come l’epatite e la cirrosi debilitavano il suo organismo già minato. A fianco di tutto questo, la fama e la notorietà improvvisa che la proiettarono su un palcoscenico molto più grande di lei: la speranza di diventare attrice e cantante, le esperienze sofferte nel mondo della musica, le prime sconfitte, le ultime delusioni. La fuga in Grecia, dove trascorre «un periodo felice», il trasferimento in Olanda.
Due aborti e un figlio che rimane la cosa assolutamente più importante. «Un piccolo essere che aveva bisogno di me. E lui era tutto quello di cui avevo bisogno io», ricorda. «Per merito suo - aggiunge - sono diventata una persona migliore». La grande amarezza è che Jan Niklas le è stato portato via, affidato ai servizi sociali. Lei però lo incontra regolarmente. Ora ha diciassette anni, la stessa età, più o meno, di quelle giovani donne che battono ancora adesso la Kurfürstenstrasse, non lontano dalla discoteca Sound, il quartier generale, allora, di un’epoca non proprio così lontana. Altre Christiane, che nessuno ha intenzione di salvare. ] Noi, i ragazzi dello Zoo di Berlino , fece aprire finalmente gli occhi a tutti coloro che non si immaginavano la quantità di degradazione esposta nelle viscere di una metropoli. Christiane, un padre violento che la maltrattava, abitava nei casermoni modernisti della Gropiusstadt, il quartiere satellite progettato dal fondatore del Bauhaus e diventato un villaggio di rabbia ed emarginazione. Hashish a dodici anni, eroina a tredici, poi il corpo in vendita per procurarsi le dosi quotidiane.
«A tredici anni era un modo per riconoscermi, per appartenere ad un gruppo. Poi è diventata una vera e propria malattia. Se ne prende sempre di più, per affrontare le sofferenze fisiche prodotte dalla dipendenza», sono le sue parole di oggi. Con lei molti altri, uniti dalla stessa sorte. Babsi, ma anche Detlef, Stella, Kessi, Atze.
La sua vicenda sarebbe rimasta nell’ombra, relegata per sempre nel microcosmo della stazione, se due reporter di «Stern», Kai Hermann e Horst Rieck, non le avessero fatto raccontare ciò che gli altri erano determinati a fingere di non vedere. Il libro uscì insieme al settimanale, poi diventò un caso planetario.
Della «seconda vita» di quella che i tabloid hanno definito «la drogata più famosa del mondo» si è saputo solo a tratti. Ma è grazie alla giovane Sonja Vukovic, studentessa di giornalismo, che ora sappiamo tutto. Con quel tocco di umana dolcezza, più forte delle violenze, che già era emerso chiaramente nel racconto della sua giovinezza buttata. «La ragazza mi ha suonato al campanello, mi ha assediato per molto tempo, fino a quando non mi ha convinto a ritornare indietro nel mio passato», ha detto in un’intervista. Un angelo comparso in un appartamento di Kreuzberg, dove le due donne, finalmente, hanno parlato a lungo. È arrivata anche l’ora delle confessioni più segrete.
A Sonja, Christiane ha rievocato i momenti della sua lotta contro la droga: la disintossicazione e le numerose ricadute, i problemi con la giustizia, le amicizie pericolose, mentre malattie come l’epatite e la cirrosi debilitavano il suo organismo già minato.
A fianco di tutto questo, la fama e la notorietà improvvisa che la proiettarono su un palcoscenico molto più grande di lei: la speranza di diventare attrice e cantante, le esperienze sofferte nel mondo della musica, le prime sconfitte, le ultime delusioni. La fuga in Grecia, dove trascorre «un periodo felice», il trasferimento in Olanda. Due aborti e un figlio che rimane la cosa assolutamente più importante. «Un piccolo essere che aveva bisogno di me. E lui era tutto quello di cui avevo bisogno io», ricorda. «Per merito suo - aggiunge - sono diventata una persona migliore».
La grande amarezza è che Jan Niklas le è stato portato via, affidato ai servizi sociali. Lei però lo incontra regolarmente.
Ora ha diciassette anni, la stessa età, più o meno, di quelle giovani donne che battono ancora adesso la Kurfürstenstrasse, non lontano dalla discoteca Sound, il quartier generale, allora, di un’epoca non proprio così lontana.
Altre Christiane, che nessuno ha intenzione di salvare.
Attendo di leggere il libro come, recentemente mi sono ri-visto il film con occhi sicuramente più maturi di quelli di un 14enne anni '80 !
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