Non posso non parlare di questo libro che mi è stato segnalato da due amiche davvero in gamba (ciao Anna e ciao Eleonora). Mi riferisco a 4 - 3 - 3
un’altra visione della vita
di Giancarlo De Andreis.
Giancarlo De Andreis, Autore televisivo e giornalista, di Ballando con le stelle, Ti lascio una canzone, Miss Italia, Carramba che sorpresa, per citare i suoi programmi più noti, ha pubblicato con Feltrinelli, il suo primo romanzo, 4-3-3 - un’altra visione della vita, dedicato all’amicizia, alla passione per il calcio, all’As Roma e all’allenatore Zednek Zeman. Un “Febbre a 90°” all’italiana, il libro cult di Nick Hornby. Un libro in cui molti tifosi possono ritrovarsi al di là della diversa fede calcistica e in cui molte donne ritroveranno le follie dei loro uomini: bambini mai cresciuti che vivono la propria squadra come una meravigliosa ossessione. Per questo voglio regalarvi, dopo il salto, un'anticipazione...
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E’ il 20 maggio del 2012 e sono seduto sul
letto della camera da letto. Ho scambiato la
scheda di Sky con quella del salone, dove ho
caricato anche lo sport, di la c’è mio figlio che
deve finire i compiti, con mia moglie in
marcatura stretta. Ho chiuso la porta per non
disturbare. Di colpo mia moglie entra senza
bussare e mi scopre mezzo rannicchiato nel
letto e vede che sto piangendo.
Preoccupata mi dice, quasi implorando- oddio
Giancà che è successo? Niente- rispondo- Il
Pescara è venuto in serie A.
-E quando mai te n’è fregato qualcosa del
Pescara?
La domanda era retorica. E lei lo sapeva bene.
Del Pescara me ne fregava come nel tempo me
ne era fregato del Foggia, dell’Avellino, del
Lecce, della Salernitana, della Lazio no, del
Brescia, della Stella Rossa e di tutte le
strafottutissime squadre allenate da quel
pazzo, squilibrato, adorabile maledetto genio
di Zdenek Zeman.
Non mi sono ancora presentato mi chiamo
Giancarlo e sono un pezzo di merda. Si, lo sono
perché anche di fronte alla più grande delle
nefandezze e alle tragedie che accadono nel
mondo e che ci arrivano dritte dentro casa dai
telegiornali, dopo qualche minuto riesco a
superare lo choc, la rabbia o il dolore, ma di
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fronte a una sconfitta della Roma ci sto male
una settimana e forse anche un mese. Ci sono
sconfitte dalle quali non mi sono ripreso mai.
Perché io “quella fase” non l’ho mai superata.
Non la supererò mai. E cosa succede se due
amori incontrollabili si fondono in una cosa
sola? Se l’amore di sempre, la Roma, si sposa
con l’allenatore che ti ha fatto impazzire,
battere il cuore, fatto sentire grande a
prescindere, facendo diventare il risultato un
dettaglio? Succede l’inferno. Un tumulto di
emozioni, un coinvolgimento che nemmeno a
13 anni per la prima cotta, quando pensavi di
morire perché quella della terza A, forse,
t’aveva guardato. Succede che ogni partita
diventa una lotta tra il bene e il male, un
referendum sulla vita. La tua. Sai bene che
dopo 90 minuti potrai sentirti un Dio
infallibile ed implacabile o una merda.
Quella che state per leggere è la storia di
questa avventura: passo per passo, giorno per
giorno, emozione per emozione. Dalle prime
voci sul ritorno di Zeman alla Roma
all’annuncio ufficiale, dal ritiro a Riscone di
Brunico alle cene col mister. Dalle trasferte
alle partite in casa. Questa è una storia che va
oltre il calcio e che mentre scrivo non so
ancora come andrà a finire.
E’ una storia 4-3-3, dove il coraggio è andare
avanti per sfidare la paura. Perché è meglio
perdere che imbrogliare, speculare, “ruspare”.
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Questa è la storia di un periodo vissuto
pericolosamente. E che Dio ce la mandi buona.
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E’ il 28 maggio 2012, sto aspettando che mio
figlio esca dalla Scuola Col di Lana dove studia
pianoforte. Ho lasciato il cellulare in
macchina, perché si stava scaricando, faccio
due chiacchiere con un paio di genitori, ma ho
la testa altrove. Da qualche giorno si è sparsa
la voce che Zeman possa tornare a Roma, ma
non ci credo. Ho paura di illudermi, come
quando poi prendemmo Spalletti. Per carità
poi non andò male. Ma il sogno è il sogno.
Una strana paura mi attraversa: da un lato
l’incosciente desiderio di farsi del male. Di
puntare all’estasi, sapendo che ti potresti
ritrovare negli inferi, dall’altro la voglia di
arrendersi. Di seguire la squadra con un
amore più distaccato. Insomma la scelta è tra
passione e ragione. Che vuoi nella vita? Un
amore sfrenato, folle, passionale oppure
sereno, formale, rassicurante, pantofolaio,
maturo: senza cielo e senza nuvole, col cuore
che non corre, passeggia. Io non ho dubbi.
Rientro in macchina, sperando che una radio
qualsiasi mi dica qualcosa che può farmi
sperare. E invece niente. Anzi. Quel giorno in
città si sparge la voce che a Roma arriverà
Villas Boas. Mentre penso tutto il male del
mondo, mi accorgo di aver ricevuto una marea
di telefonate: Milly Carlucci tre volte e Angelo
Donati, che poi sarebbe il marito, addirittura
cinque. Si, perché io lavoro in tv come autore e
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spesso lavoro con lei. E che è successo se mi
chiamano con questa insistenza? Ballando lo
abbiamo finito un mese fa e non sono attese
novità a breve. Richiamo Milly. Lei conosce le
mie passioni. Nella nostra stanza di lavoro,
campeggia il poster del “Ti Amo” del
Commando Ultrà Curva Sud, lo striscione più
emozionante mai apparso in uno stadio, quello
di Francesco Totti, il Capitano, una foto di
Audrey Hepburn in suo onore e poi un ritratto
quasi incomprensibile, che sembra sbucato da
un noir anni ’50: quello di Zdenek Zeman con
una sigaretta a penzoloni. Milly risponde al
primo squillo e non dice neanche pronto.
-Chiama subito Angelo, deve dirti una cosa
importante su Zeman, dice che l’ha visto…
Riattacco e chiamo.
- Pronto, ho visto l’amico tuo…
- Che vor di Angelì, nun me fa soffrì
- Stava a pranzo a Carsoli, con quello della
Roma..
- Co’ chi, Angelì? Nun te fa prega’, co’ chi?
E dimmelo Angeli’ che stava con Baldini, che
se stava a mette’ d’accordo su tutto. Che stava
a torna’. Che alla fine tra Villas Boas e
Vincenzino hanno scelto il Mister. Ma perché
che t’ha fatto Vincenzino? Niente, che scherzi.
Belli i 4 gol al derby, bello l’aeroplanino, bello
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da allenatore con la doppietta di Totti alla
Lazio, però…
- Con quello toscano come si chiama?
- Baldini, Angelì se chiama Baldini e
dimmelo che se chiama Baldini
- Si chiama Baldini.
Lo ringrazio, attacco, urlo come uno scemo
per Via Col di Lana. E mo’ ndo vado? Lo devo
di’ a tutti. Lo devo grida’ ar monno.
Er Mister sta a torna’.
Chiamo Ascio, l’amico di sempre, a cui devo il
fatto di conoscere il Mister, ma ora c’ho da fa’
perciò ve lo racconto dopo, poi chiamo
Mimmo, giornalista in carriera più zemaniano
che romanista. Poi incontro Maurizio
Catalani, regista romanista sfegatato, con cui
non c’ho una gran confidenza e un altro po’ lo
abbraccio, gli racconto tutto. E lui è contento,
conosce la differenza tra volare e strisciare,
tra palpitare e vegetare, tra vivere e morire.
Poi chiamo mio cugino Diego e Ivan Zazzaroni,
pochi minuti e si sparge la notizia. Siti, radio e
il giorno dopo i giornali parlano di un pranzo a
Carsoli, nessuno conosce la fonte. Io si, è
Angelo Donati ingegnere, ha invitato a pranzo
i suoi operai e ha incontrato l’uomo dei sogni
uscito dall’oblio.
Ma facciamo un passo indietro…dove tutto
ebbe inizio.
9
Siamo all’inizio degli anni ’90. Forse nel ’92.
Insieme agli amici storici, decidiamo di
intraprendere l’impervia strada del
Fantacalcio. Contro il logorio della vita
moderna. La Roma è incastrata in una
situazione frustrante, il grande Dino Viola ci
ha lasciato. Al suo posto il peggior Presidente
della storia della Roma: Ciarrapico.
L’allenatore è prima Ottavio Bianchi e poi
Boskov. Non c’è altro da aggiungere. Eppure lo
stadio è un appuntamento fisso. Per chi come
noi è cresciuto con Orazi-Spadoni-Mujesan e
prima ancora con Ciccio Cordova, Amarildo,
Del Sol ogni tiro è un gol, ma soprattutto con
la Roma di Conti- Peccenini-Rocca- Cordova-
Santarini-Batistoni-Negrisolo-Morini-Prati-De
Sisti-Penzo, la Roma non si discute si ama.
Quella Roma diede anche soddisfazione col
famoso terzo posto, ma poi seguirono giocatori
come Chinellato e Bertini, Bacci e Sperotto,
Musiello e il povero Petrini . Senz’offesa un
periodaccio, che anticipò l’incanto della Roma
di Liedholm e di Falcao, di Ago e Bruno Conti,
del Bomber e del tappetaro. Però anche nel
peggiore dei periodi la dignità di essere della
Roma non è mai venuta meno, invece
Ciarrapico aveva provato a togliercela. Il
fantacalcio diventava un modo per passare le
domeniche dandogli un piccolo senso in più. Al
momento di studiarsi squadre e giocatori,
qualcuno disse: ma chi so’ questi? Vanno in B
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direttamente senza vincere nemmeno una
partita. Parlava del Foggia di Zeman. Invece
nacque da li, per noi una favola che dura
tuttora. Vedere quegli 11 indemoniati
fregarsene di chi avevano davanti e correre a
petto in fuori alla ricerca di un gol, di
un’emozione o forse di un lampo di felicità,
faceva innamorare. Così io e Ascio cademmo
in una specie di catalessi. Noi che avevamo
amato alla follia il primo Eriksson, eravamo
stati presi dal morbo di Zeman. Una specie di
malattia, c’eravamo iscritti ad una setta
segreta a nostra insaputa. Una specie di
scientology che assicurava dignità, orgoglio.
emozione, passione, spavalderia, fierezza.
Vita. Eravamo nel tunnel di Zemanlandia. Così
quando la Roma stava per passare da
Ciarrapico a non si sapeva chi, arrivammo a
tifare per Casillo, il chiacchierato Presidente
del Foggia, sperando che portasse con sé
anche quel pazzo che veniva da Praga. Non
andò così. A Roma arrivò Sensi con
Mezzaroma e col senno di poi fu meglio così.
La Roma guadagnò un grande Presidente:
Franco Sensi. Zeman invece poco dopo andò
alla Lazio. Una punizione immeritata per noi.
Quella Lazio giocò un calcio scintillante e
arrivò seconda dietro una Juve fortissima e
chiacchierata per l’abuso di farmaci. Poi la
storia finì. E poco dopo toccò a noi. Anni
difficili. Però esaltanti. I derby persi, ma
anche il sorpasso finale alla Lazio e un quarto
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posto che sapeva di resurrezione, dopo il
disastro di Carlos Bianchi con la Roma salva
per miracolo. Tanto spettacolo e divertimento.
Poi la lotta al doping. Il palazzo e i giornali di
regime contro. E il quinto posto, dopo
un’esecuzione decisa dai poteri forti del calcio.
Sensi costretto a cambiare. In quegli anni la
Roma è sempre nel cuore. L’amore non si
discute. Mai.
C’è il delirio indimenticabile dello scudetto. Si
conferma il talento di Francesco Totti che
ancora oggi ci illumina, arrivano volti
indimenticabili ed altri da dimenticare. La
grinta di Capello, il bel periodo di Spalletti, la
rimonta di Ranieri eppure manca qualcosa. La
scintilla che ti fa sentire unico. Ora è tornata.
Il cuore batte forte. Non c’è ragione, forse solo
fede. E che cos’è la vita senza fede? Sai già che
soffrirai. Sai già che ti chiederai “perché,
stavo così tranquillo prima?”. Ma sai già che
quando dubiterai, una vocina dentro ti dirà,
“sti cazzi, Gianca’, stai sull’ottovolante di
zemanlandia, mica te vorrai rilassa’”. E
infatti, chi se rilassa. Er maestro è tornato
scendiamo tutti in trincea.
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